Ansia: conoscerla, indagarla, gestirla

News · Febbraio 10, 2023

 

I disturbi d’ansia sono molto più diffusi e frequenti di quanto si possa pensare.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, si stima che 264 milioni di adulti in tutto il mondo soffrano di ansia, definendola “il male del secolo”.

 

Se dovessimo immaginare l’ansia sotto le vesti di qualcosa di tangibile, probabilmente sarebbe la spia che indica un’avaria al motore.

Quante volte l’abbiamo ignorata? Lei era lì, a salutarci ad ogni accensione e ad accompagnarci lungo il tragitto, eppure facevamo finta di nulla.

Poi, la macchina non si è accesa più.

E, mentre pagavamo il meccanico per tutti i danni che ignorare quella spia aveva causato, ci maledicevamo silenziosamente per non aver risolto in tempo il problema.

Il parallelismo risulta particolarmente azzeccato quando realizziamo che il problema non è la spia accesa, ma il nostro atteggiamento verso di essa.

La stessa identica cosa vale per l’ansia. Un’emozione complessa, certo, ma pur sempre un’emozione, generata da pensieri, a loro volta generati da situazioni.

E se dicessimo che l’ansia è, come tutte le altre emozioni, indispensabile alla nostra sopravvivenza? Che mettere in pratica tecniche per sopprimerla non solo è inutile ma anche controproducente?

Proviamo a fare un esempio.

Per chi ha frequentato l’Università, sa bene come un esame, o anche la sua preparazione, possa provocare ansia.

Allo stesso modo, sappiamo come sia indispensabile fare attenzione a quello che il professore ci sta chiedendo ed essere concentrati per dare la giusta risposta. Non avere il giusto livello di allerta, che spesso si manifesta sotto forma di ansia, influenzerebbe negativamente la nostra prestazione.

Cosa succede, invece, quando andiamo nel pallone? Succede che abbiamo superato la dose consigliata, per dirla con termini medici.

Un’overdose di ansia che ha causato un azzeramento della nostra prestazione, spazzando via anche la nostra capacità di proferire parola.

L’emozione in quei casi diventa così pervasiva da annullare qualsiasi nottata passata a incamerare nozioni che magicamente torneranno limpide una volta rimandati al prossimo appello.

Quanto riportato fu approfondito da Yerkes e Dodson, che nel 1908, individuarono la necessità di livelli base di arousal, per attivare correttamente il sistema attentivo e quindi avere delle buone prestazioni in quello che si sta facendo.

Ma non si limitarono a questo. Oltre a stabilire che al di sotto di certi livelli di allerta, la prestazione non era ottimale, stabilirono anche che, superati determinati livelli, la prestazione sarebbe ugualmente calata.

In breve, citando Paracelso, “nulla è di per sé veleno, tutto è di per sé veleno, è la dose che fa il veleno”.

Ma come si fa a gestire l’ansia? Come tenerla nei limiti dell’utilità?

Non è semplice e bisogna ammettere che il nostro sistema educativo non ci ha mai insegnato a gestire le emozioni.

Tra le voci più influenti circa la necessità di un’educazione all’intelligenza emotiva, quella di Daniel Goleman illustra, in modo fruibile a tutti, quanto abbiamo bisogno di essere padroni delle nostre emozioni (lettura consigliata Intelligenza Emotiva).

Ma, non essendo l’obiettivo di questo articolo approfondire le lacune del sistema educativo, cerchiamo di arrivare al pratico e iniziare a comprendere come gestire la nostra ansia.

Come ogni emozione, sono diverse le situazioni che possono generarla e variano da persona e persona.

Può essere un esame, una conversazione, una riunione lavorativa, un colloquio di lavoro o anche la ricerca del lavoro stessa.

Ciò che però serve, in tutti questi momenti, indifferentemente, è fermarsi e cercare di capire l’origine del problema.

Spegni il motore, apri il cofano e dai un’occhiata.

Primo step. Monitorare i sintomi.

Fiato corto? Pulsazioni accelerate? Pensiero confuso?

Respira.

Lascia qualsiasi cosa tu stia facendo e respira. Talvolta uno stato di ansia ci può portare a respirare più velocemente fino a causare un’iperventilazione, la quale ha esattamente questi sintomi e che porta a farci agitare ancora di più, peggiorando la situazione.

Non appena la respirazione sarà tornata nella norma, respirate ancora.

Ci sono diverse app gratuite sul mercato che ci aiutano in questo e che ci guidano nel recuperare una respirazione nei ritmi corretti (una di queste potrebbe essere “Breathe”).

Mentre respirate, esplorate la vostra emozione e passate al secondo step.

Ascoltatevi.

Ascoltate il motore, dov’è l’avaria? Cosa vi sta facendo agitare? Fate poi un passo ulteriore, perché?

E ascoltate bene. È lì che, da buoni meccanici, dovrete intervenire.

Vi scontrerete con paure e pensieri negativi che andranno messi alla prova.

Terzo step.

Diventate degli scienziati delle vostre emozioni.

Scrivete quei pensieri e quelle paure su un foglio e ora, procedete con metodo scientifico. “Quali prove ci sono a favore di questo mio pensiero negativo? Quali contro?” Vedrete che spesso queste sensazioni non si accompagnano a fatti tangibili e così piano piano andrete a svuotare quell’emozione da tutta quella pervasività che condiziona il vostro stato d’animo e il vostro agire.

Qualora invece ci siano effettivamente delle prove a favore del pensiero che vi crea agitazione, dovrete concentrarvi in maniera analitica su quello e, con freddezza, iniziare a pensare a soluzioni pratiche per ovviare al problema.

Per esempio: siete stressati da un carico di lavoro che non riuscite a gestire come vorreste e questo vi procura ansia? Credete che fallirete e che effettivamente non riuscirete a portate a compimento ciò che vi è stato assegnato negli standard di qualità richiesti?

Probabilmente sarà necessaria una nuova schedulazione della vostra agenda e l’assegnazione di nuove priorità per un time management che agevoli la qualità del vostro lavoro.

Ovviamente questa è una breve e semplicistica analisi delle possibilità e dei metodi per gestire l’ansia, la quale nei momenti in cui è cronicizzata o più simile a una sintomatologia da burnout richiede sicuramente un intervento specialistico.

Rispetto a quanto riportato, personalmente ritengo che il punto focale sia da individuare nella possibilità che ognuno di noi ha di gestire la propria ansia, facendo sì che resti negli standard più utili e che non diventi un ostacolo nella vita personale e professionale.

Come dipendente di AxL – Agenzia per il lavoro e orientatrice delle Politiche Attive mi confronto spesso con persone che stanno attraversando un momento di transizione lavorativa/professionale e come ogni cambiamento, vivono, chi più chi meno, questo momento con un mix di emozioni non sempre positive. Ansia del futuro, paura di non riuscire a trovare un impiego in tempi brevi, timore che le proprie competenze siano inadeguate al mercato del lavoro, in breve, paura di fallire.

Ed è qui, che ci inseriamo, non solo fornendo indicazioni pratiche su come affrontare un colloquio o su cosa scrivere in un curriculum, ma ascoltando lo stato emotivo di chi abbiamo di fronte, dando importanza alle sue emozioni, perché la gestione di queste diventerà determinante per il perseguimento dei loro obiettivi professionali.

Un lavoro che prevede un focus specifico sulle variabili che caratterizzano ogni persona e da cui consegue l’elaborazione di percorsi individuali progettati ad hoc.

Vediamo quella spia del motore accesa e non permettiamo che venga ignorata.

 

Mariaserena Maruccia

Business Unit – Torino

Recruiter Politiche Attive

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